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Fiati festival: inaugura La Grande banda del Cilento

AutoprodottiFiati festival: inaugura La Grande banda del Cilento

Al via mercoledì 3 luglio, alle ore 21, negli spazi della Villa Salati in Paestum, il mini festival, nell’ambito della IV edizione di Note in Vacanza.  Taglio del nastro per la formazione diretta dal Maestro Nicola Pellegrino con solisti il soprano Nicoletta D’Agosto e il tenore Andrea Cataldo. Il 4 luglio sul palco sospeso di Capaccio Capoluogo il Coro e l’orchestra di fiati della Diocesi di Vallo della Lucania diretto dal Maestro Maurizio Iacovazzo

Lo spazio diventa teatro con la banda da giro, una grandissima tradizione che nei secoli ha coltivato talenti e conosciuto firme e bacchette di grandi maestri.

Mercoledì 3 luglio, per la serata inaugurale della IV edizione di Note in vacanza, che aveva avuto una splendida anteprima con gli Alentum Brass in giugno, nell’incantevole cornice di Villa Salati in Paestum, alle ore 21 (Ingresso gratuito) si esibirà La Grande banda del Cilento, diretta dal Maestro Nicola Pellegrino.

Maestro che dismetterà, per una sera, gli abiti del direttore artistico dell’intero progetto, da lui stesso ideato e realizzato dall’Associazione Culturale MusiCilento, presieduta dal M° Angelo Capo, e dal Comune di Paestum, grazie alla “visione” del sindaco Franco Alfieri e dall’ Ufficio Turismo ed Eventi diretto da Piero Cavallo, per salire sul podio e dirigere la formazione che ospiterà quali solisti il soprano Nicoletta D’Agosto e il tenore Andrea Cataldo.

La grande Banda del Cilento, è una formazione giovane nata solo quattordici anni, or sono, quasi per gioco, presso l’Istituto comprensivo “Gino Rossi Vairo” di Agropoli. Una banda che suona con l’obiettivo di incuriosire ed emozionare il pubblico, e non solo intrattenere frutto di un bilanciato amalgama di giovanissimi musicisti dei licei e professionisti dei conservatori campani.

La serata inaugurale principierà con una trascrizione dell’ouverture di Pëtr Il’ič Čajkovskij 1812 “Ouverture solennelle” in mi bemolle maggiore, op. 49 una rievocazione in musica della campagna napoleonica in Russia, realizzata con un’orchestrazione quanto mai brillante e ricca di effetti anche realistici, tra “cannonate” della cassa, piatti, e il duel tra Marsigliese, Inno Zarista, rintocchi di campane, e la vittoria celebrata attraverso le note dell’inno ortodosso evocato all’ inizio del popolo russo sulle armate napoleoniche, in un entusiasmante en plein air strumentale.

Ed ecco Traviata, con il Preludio al I atto, un vero e proprio blues, che descrive nell’immediato il destino di opera intimista che affida il suo fascino all’interiorizzazione, persino in quelle due feste che dovrebbero, invece, rappresentarne il risvolto: si tratta soltanto di proiezioni esteriori di uno stato di solitudine, che fungono, peraltro, da vettore di rimembranza: tutto in Traviata è ricordo, oggi lo chiameremmo flashback, sin dall’iniziale preludio, come esso ci raccontasse una vicenda già avvenuta.

Lo sfolgorio eccitato degli strumentini nella prima festa che Valéry definisce un clima saturo di nevrosi sentimentale: eredità, si direbbe, mozartiana, poi un colore capace di disporsi su di una trama armonica essenziale, con attitudine infallibile alla modulazione, senso dei gradi fondamentali, e, infine, il giusto alleggerimento là dove richiesto dagli accadimenti; insomma, un gusto del racconto, un’urgenza quasi dolorosa del ritmo e, infine, l’opaca connotazione dell’idea di morte.

I due cantanti esordiranno invece sulle note del “Libiam nei lieti calici”, clou della I atto champagne dell’opera verdiana. Della celebrata trilogia verdiana Rigoletto è l’opera preferita dalla maggior parte dei musicisti. Nessun’altra opera presenta un equilibrio così perfetto fra elementi lirici e drammatici; nessun’ altra è così ben proporzionata, così ricca di idee nitidamente concatenate e collegate organicamente al tutto.

In Rigoletto Verdi si spinse molto più in là, presentandoci una classe dominante fatta da cortigiani amorali, che passano il tempo a spettegolare di amanti e corna, o a tessere trame crudeli. Fra loro emerge il Duca, primo ed unico tenore totalmente negativo del teatro verdiano: frivolo ed egoista, egli è preda di tutte le passioni più effimere che soddisfa con prontezza, abituato all’esercizio dispotico del potere.

Peraltro egli canta alcune splendide melodie liriche, che ascolteremo da Andrea Cataldo, come “Questa o quella per me pari son” e “La donna è mobile”, la canzonetta che svelerà il sacrificio di Gilda, ma Verdi gliele affidò soprattutto per connotare la sua fatuità e fargli esprimere a scopi ingannevoli un sentimento che in realtà non prova mai sino in fondo, anche quando sembra andarci vicino.

Seguirà l’ouverture della Carmen, di Georges Bizet, il suo “straordinario baccano da circo”, come definiva Nietzsche l’inizio del preludio al primo atto che attacca con lo show dei piatti–quel contrasto così sorprendente quel doppio percorso sul quale si muoverà il lavoro: l’atmosfera brillante e la tragicità incombente, che è sfocerà nel brano successivo l’Habanera.

“Un demonio”, “una strega”, il fiore di gaggia all’orecchio, le gambe sottili e bellissime, la figura minuta, gli occhi lucenti come diamante, lo scatto dei reni pari a quello di un felino, una forza d’inferno, una inafferrabile forza amorosa, dove amore sta per devastazione e morte, come negra esaltazione e guerra. E’ facile dire che Carmen è vista da Mérimée come un angelo del male. Eppure è così. Carmen vuole don Josè, il giovanotto basco le piace: sparisce e compare nella vita di lui come fra quinte di teatro.

Sarà Nicoletta d’Agosto ad evocare la sfida d’amore della bella sigaraia in “L’amour est un oiseau rebelle”. Altro momento sinfonico affidato al Franz von Suppè dell’Ouverture di “Dichter und Bauer”, con il celebre solo affidato al sax tenore che ha da sostituire il violoncello, prima di ascoltare la Rosina della D’Agosto, del barbiere rossiniano, la povera vittima degli usi e delle consuetudini, ma non così vittima, perché la docilità è femmina, quindi già preparata dalla nascita a graffiare gli avversari, nell’aria di sortita “Una voce poco fa”.

L’addio alla vita e all’amore per Tosca “E lucevan le stelle” di Mario Cavaradossi, con il clarinetto ad evocare il malinconico ricordo e gran finale con un acquarello napoletano con due immortali melodie, “Torna a Surriento” e “‘O surdat’ ‘nnammurat’”.

Prossimo appuntamento

Giovedì 4 luglio, sul palco sospeso di Capaccio, alle ore 21, si esibiranno il Coro e l’Orchestra di fiati della Diocesi di Vallo della Lucania diretto dal Maestro Maurizio Iacovazzo in alternanza con il Maestro Nicola Pellegrino, una performance voluta fortemente dal nuovo vescovo della diocesi cilentana Don Vincenzo Calvosa, con la partecipazione del Soprano Nicoletta D’Agosto.

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