
A dieci anni da inizio pontificato tante riforme alla prova dei fatti
Città del Vaticano, 10 mar. (askanews) – Non c’è dubbio che il tratto riformatore è stato quello dominante nel primo decennio di Pontificato di Jorge Mario Bergoglio. O meglio, il tentativo testardo di intraprendere la strada di una riforma nell’ambito della Chiesa cattolica, sospinta da recenti accadimenti, sfociati poi con la rinuncia di Benedetto XVI. Una strada, quella della guida della più grande comunità cristiana del mondo, nel tracciato evangelico e alla luce del Concilio Vaticano II, alla radice della fede più che di una certa ‘Tradizione’, stratificatasi nei secoli. Un tentativo, concretizzato in passi e decisioni, che sono piaciuti o meno, ad una comunità composita e frastagliata secondo culture, sensibilità, storie ed emisferi spesso profondamente differenti tra loro.
Un’idea chiara della visione ‘bergogliana’ della Chiesa è arrivata nuovamente nel corso dell’udienza generale dell’8 marzo scorso, a pochi giorni dalla data del decennale del suo pontificato. Parlando ai fedeli, riuniti in piazza San Pietro, sul tema dell’evangelizzazione e citando proprio le intuizioni conciliari, Francesco ha detto che ‘c’è come un ponte tra il primo e l’ultimo Concilio, nel segno dell’evangelizzazione, un ponte il cui architetto è lo Spirito Santo’. Da qui l’invito a ‘non sclerotizzarci o fossilizzarci’ anche nell’annuncio e nella vita della Chiesa; anzi, ha aggiunto Francesco, ‘lo zelo missionario del credente si esprime anche come ricerca creativa di nuovi modi di annunciare e testimoniare, di nuovi modi per incontrare l’umanità ferita di cui Cristo si è fatto carico. Insomma, di nuovi modi per rendere servizio al Vangelo e all’umanità. L’evangelizzazione è un servizio e se uno si dice evangelizzatore ma non ha cuore di servizio, e si sente un padrone, è un poveraccio’, ha detto senza mezzi termini. Questo senza dimeticare che proprio ‘la dimensione ecclesiale dell’evangelizzazione – ha detto ancora il Papa – costituisce perciò un criterio di verifica dello zelo apostolico. Una verifica necessaria, perché la tentazione di procedere ‘in solitaria’ è sempre in agguato, specialmente quando il cammino si fa impervio e sentiamo il peso dell’impegno. Altrettanto pericolosa è la tentazione di seguire più facili vie pseudo-ecclesiali, di adottare la logica mondana dei numeri e dei sondaggi, di contare sulla forza delle nostre idee, dei programmi, delle strutture, delle ‘relazioni che contano”. Il tutto alla prova, quindi, della ‘sinodalità’ e, nella sequela del Fondatore, sulla ‘strada della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte’, sempre citando Bergoglio.
Che queste strade e questa visione di Chiesa siano permeate o meno in un ‘corpaccione’ che conta oltre Duemila anni di storia, è ancora tutto da stabilire e sarà forse materia per gli storici.
Da qui la consapevolezza che c’è tutto un lavoro ancora da compiere e realizzare. Il precario equilibrio tra innovatori e conservatori, tra coloro che reputano necessario un ridisegnare strutture e linguaggi per parlare con efficacia all’uomo di oggi e chi, invece, considera ciò come un cedimento ad una società che va dritta verso la a-religiosità, sembra essersi rotto con la morte del papa emerito Joseph Ratzinger, assunto suo malgrado a paladino di quelli che il Papa regnante considera gli ‘indietristi’ di turno.Città del Vaticano, 10 mar. (askanews) – Non sono mancati da parte del Papa ripetuti appelli a non perdersi dietro divisioni e pre-concetti, quasi ideologici, e, ultimamente, inviti all’unità sono venuti anche da figure ‘terze’ come quella del cardinale Raniero Cantalamessa nel corso della sua predicazione in Vaticano degli esercizi spirituali in preparazione della Pasqua a cardinali e figure apicali della Curia romana (una delle più soggette alle azioni di aggiornamento di Francesco, ndr) il 3 marzo scorso.
“Ad una prima lettura, la recente costituzione sulla riforma della Curia ‘Praedicate Evangelium’ (pubblicata il 19 marzo 2022 da Papa Francesco, ndr) a me ha dato l’impressione di un passo avanti in questa stessa direzione: cioè nell’applicare il principio sancito dal Concilio a un settore particolare della Chiesa che è il suo governo e a un maggiore coinvolgimento in esso dei laici e delle donne’, ha affermato il predicatore della Casa Pontificia nella sua meditazione quaresimale.
‘Ma adesso dobbiamo fare un passo avanti. – ha subito aggiunto nell’Aula Paolo VI ai suoi insigni ascoltatori Cantalamessa – L’esempio della Chiesa apostolica non ci illumina soltanto sui principi ispiratori, cioè sulla dottrina, ma anche sulla prassi ecclesiale. Ci dice che non tutto si risolve con le decisioni prese in un sinodo, o con un decreto. C’è la necessità di tradurre nella pratica tali decisioni, la cosiddetta ‘recezione’ dei dogmi. E per questo occorrono tempo, pazienza, dialogo, tolleranza; a volte anche il compromesso”. Quest’ultimo, non interpretato come un “cedimento o uno sconto fatto sulla verità”. Cantalamessa, proseguendo nella sua riflessione, ha poi detto che ‘il ruolo di mediatore che Pietro esercitò tra le opposte tendenze di Giacomo e di Paolo continua nei suoi successori. Non certo (e questo è un bene per la Chiesa) in modo uniforme in ognuno di essi, ma secondo il carisma proprio di ognuno che lo Spirito Santo (e si presume i cardinali sotto di lui) hanno ritenuto il più necessario in un dato momento della storia della Chiesa. Davanti agli eventi e alle realtà politiche, sociali ed ecclesiali, noi siamo portati a schierarci subito da una parte e demonizzare quella avversa, a desiderare il trionfo della nostra scelta su quella degli avversari”. Il riferimento ai fatti più recenti, seguiti proprio alla morte di Benedetto, è apparso ai più del tutto evidente. ‘Non dico che sia proibito avere preferenze: in campo politico, sociale, teologico e via dicendo, o che sia possibile non averle. – ha quindi voluto spiegare il card. Cantalamessa ai suoi importanti ascoltatori – Non dovremmo mai, però, pretendere che Dio si schieri dalla nostra parte contro l’avversario. E neppure dovremmo chiederlo a chi ci governa. È come chiedere a un padre di scegliere tra due figli; come dirgli: ‘Scegli: o me o il mio avversario; mostra chiaramente da che parte stai!’. Dio sta con tutti e perciò non sta continua a leggere sul sito di riferimento