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La manager Carine Mbayo: “In Congo c’è voglia di made in Italy”

MondoLa manager Carine Mbayo: “In Congo c’è voglia di made in Italy”

ROMA – Nel cuore dell’Africa c’è voglia di “made in Italy” ma per trovarlo bisogna percorrere migliaia di chilometri, magari 8mila, fino a Dubai. E a fare affari sono intanto le aziende cinesi. A raccontarlo è Carine Mbayo, imprenditrice delle costruzioni in Repubblica democratica del Congo. Il suo punto di osservazione è Lubumbashi, la principale città del Katanga, una regione del sud-est del Paese ricca di rame, cobalto, coltan e altri minerali strategici per l’industria elettronica. “Si tratta di una zona sterminata, che è stata suddivisa in quattro province, peraltro molto lontana dalle aree del Congo dove sono in corso conflitti armati” sottolinea Mbayo, in un’intervista con l’agenzia Dire. “I rappresentanti delle aziende italiane però non ci sono e per ordinare i loro prodotti, che sono di alta qualità, bisogna andare negli Emirati Arabi Uniti”.

COSA SERVE AL KATANGA, SCRIGNO DI COLTAN, RAME E COBALTO

Mbayo è direttrice generale di Fidus, un’impresa di ingegneria civile che costruisce anche strade, pozzi e ponti. “La Repubblica democratica del Congo è un territorio di oltre due milioni e 300mila chilometri quadrati”, sottolinea la manager: “E’ molto vasta e il suo sviluppo è ostacolato dalla carenza di infrastrutture, indispensabili in particolare per gli scambi tra le province”. Secondo Mbayo, il Katanga è “un hub minerario strategico” che sta beneficiando di “alcuni miglioramenti” ma dove “resta ancora molto da fare”. La manager continua: “C’è bisogno di sviluppo in settori come l’agricoltura e l’energia ed è poi essenziale ammodernare strade, ferrovie, porti”. Secondo la direttrice generale di Fidus, in questi ambiti il “made in Italy” è riconosciuto ma “a oggi nel Katanga non esiste ancora una rappresentanza italiana”.

LA PERCEZIONE DEL RISCHIO

Il nodo riguarderebbe allo stesso tempo la cultura imprenditoriale e la percezione del rischio. “Lubumbashi e il Katanga sono lontanissimi dalla provincia del Nord Kivu, dove si sono concentrati scontri e violenze” ricorda Mbayo. “Oggi però la diffidenza degli investitori italiani contrasta con la crescente presenza dei cinesi”. L’intervista si tiene a Roma, a margine dell’ottava edizione di Italia Africa Business Week, un forum che si propone come ponte da e verso i Paesi del continente. In primo piano le opportunità da cogliere, nella cornice del Piano Mattei e a partire dalla complementarità delle strutture economiche, con il ruolo chiave di piccole e medie imprese.
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