Esiste una divergenza tra la giurisprudenza nazionale e la Corte di Giustizia europea
Con l’ordinanza interlocutoria n. 7829 del 2024, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha sollecitato un intervento della Sezioni Unite sulla questione della ‘prova di resistenza’ a carico del contribuente in caso di violazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, del contraddittorio endoprocedimentale, obbligatorio per i tributi “armonizzati”.
“Per prima cosa ricordiamo che nel 2015 – evidenzia Guido Rosignoli, vicepresidente della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – le Sezioni Unite avevano affermato che nei controlli ‘a tavolino’, il Fisco non è tenuto a redigere il verbale di chiusura delle operazioni di verifica per i tributi non armonizzati mentre per i tributi armonizzati, la violazione dell’obbligo del contradditorio endoprocedimentale comporta l’invalidità dell’atto”.
In ogni caso, il contribuente dovrà fornire la ‘prova di resistenza’, ovvero dimostrare che avrebbe potuto difendersi in modo diverso se il contraddittorio fosse stato attivato.
“L’ordinanza in oggetto evidenzia una mancanza di orientamenti precisi sui contenuti e sui limiti della prova di resistenza – prosegue Rosignoli – anche a fronte della divergenza tra la giurisprudenza nazionale per la quale è sufficiente l’indicazione di ragioni non pretestuose e la Corte di Giustizia europea che richiede una valutazione caso per caso delle ragioni addotte”.
Proprio questa divergenza ha spinto la Cassazione a chiedere l’intervento delle Sezioni Unite. Inoltre, a partire dal 18 gennaio 2024, vi è un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale per il Fisco, introdotto dal D.Lgs n. 219 del 2023.
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